giovedì 27 settembre 2012

Panorami Sangiovese e "Mosconi"


Ecco la Panoramica Gabicce Monte-Pesaro

21 km che non pensavo fosse così in salita, visto che dal monte si doveva scendere alla baia.
Sotto, un mare immobile e grigio, confuso con un cielo altrettanto cinereo, un pugno di barche a vela che non so come facessero ad andare vista la bonaccia.
Sopra, io, in mezzo ai saliscendi del colle San Bartolo, un serpentone di tornanti, salite, qualche discesa e tratti pianeggianti dove, avendo tempo e fiato, si poteva godere del panorama.
Nel mezzo il Sangiovese ai ristori, ma non ho avuto il coraggio di approfittarne.
Un tempo finale di 1h 46’ e 40’’ che non mi dispiace affatto.

Negli ultimi 6 km anche una mezza proposta di matrimonio podistico o relazione a distanza (non ho capito bene). Smancerie e complimenti “Va là che vai bene” “Sarebbe bello andare a correre con UNA che ha la mia stessa passione…ecc”.
Insomma il solito “moscone” che, in totale affanno, anche se vanta passati fasti podistici strepitosi, ora è ridotto a correre addirittura sopra i 5’/km.
Quindi il “moscone” per sopravvivere a questi 21 km, che a suo tempo avrebbe divorato in meno di 75 minuti, sudatissimo e ansimante, cerca conforto dietro una qualunque donna, meglio se d’età inferiore alla categoria MF45.
Se buttando fuori domande a caso, viene fuori che la donna è pure single…allora è la donna della Provvidenza
A lei il merito di trascinarlo all’arrivo e di ascoltare i dettagli del suo passato da mezzo professionista.

E così arriviamo: io con le orecchie un po’ stanche, lui, a forza di chiacchierare e sudare, con la bava alla bocca.

Ora per domenica ho scelto un’altra mezza, a Jesi…rinunciando ad una 9km di beneficenza per lo IOM, sotto casa a Posatora, ma mi servono i km per sopravvivere ad un’altra cosa che sta per arrivare…

giovedì 20 settembre 2012

Così...senza testa


E venne il giorno della solita mezza maratona di PortoRecanati.
Una testa incosciente portò due gambe ubbidienti ed un fegato molto affaticato a fare quei soliti 21 km, quelli a cui mancavano, ogni anno, quei 600 metri per fare una mezza precisa.
Sempre quella testa aveva sentito la sveglia martellante delle sette del mattino, aveva fatto scendere tutto quell’insieme stanco di membra dal letto e alle otto aveva consegnato il tutto al ritiro del pettorale nella solita piazza.

Poi la testa aveva staccato la spina, fine delle comunicazioni: che le gambe ed il fegato se la sbrigassero loro, da soli, facessero quello che potevano, si sarebbero ritrovati in macchina alla fine.
La testa, saccente aveva stimato due ore buone e lei di soffrire per tutto quel tempo non aveva voglia.
Aveva previsto una partenza briosa, già se l’immaginava che quelle gambe incoscienti sarebbero partite spavalde, ma che avrebbero retto al massimo per il corso di Porto Recanati.
Prevedeva che, appena lasciato il centro abitato, perso tra la campagna e la zona industriale, il fegato goffamente avrebbe alzato la voce, avrebbe mandato segnali inconfondibili di cedimento.
Avrebbe urlato la sua fatica per smaltire un sabato sera.

Ma le gambe nel frattempo andavano, senza la testa a comandare, tanto che al solito ciucciasuole, incollato alle scarpe come una cicca sputata, che chiedeva “A quanto la fate? Che magari vi seguo” rispondevano candidamente “Noi non sappiamo niente. Noi la facciamo e basta. I conti li fa la testa, ma lei non c’è. Non è voluta partire”.
Davanti a tanta ignoranza e dabbenaggine podistica, il ciucciasule si staccava inorridito: “Come si fa a correre così? Senza sapere a quanto si va, bisogna saperlo. Io oggi devo andare a 5’10’’/km assolutamente”.

“Caro ciucciasuole, attaccati da qualche altra parte, che noi andiamo come viene che la testa per i calcoli non ce l’abbiamo”

Già al primo ristoro le gambe avevano avuto una visione dei futuri chilometri, della prima salita che stava per avvivare e del lungo rettilineo in campagna che c’è subito dopo.
Perché non è vero che solo la testa pensa, anche i muscoli si ricordano.
Così a mano a mano che i passi mangiavano la strada, le gambe rivivevano, metro per metro, quello che avevano percorso negli anni passati.
Allora si ricordavano che subito dopo il ponticello c’è un ristoro, l’ultimo, e non bisogna saltarlo, perché poi è tutta una tirata penosa sul lungomare, fino all’arrivo.

Alla fine le gambe hanno sbattuto in faccia alla testa con un dignitoso 1h47’51’’ per 21 km scarsi fatti senza pensarci troppo.

Ora la testa ambiziosa, senza aver fatto niente, ha deciso che le gambe si faranno altre due mezze maratone: una a Gabicce Monte ed una a Jesi, una di seguito all’altra.

Staremo a vedere.

lunedì 10 settembre 2012

Trofeo 5 torri (meno 1 villa)


Domenica ad Osimo giro delle due ville, monco di una villa, perché forse il granconte Felino Diovedeprovvede, aveva gente a pranzo ed il permesso per passare sotto casa sua non l’aveva concesso.
Quindi un chilometro scarso risparmiato ed una salita in meno.

E io ho ringrazio tutta la stirpe del conte ed i suoi vassalli, visto che, da subito, annaspo tra il caldo, la sete, il sudore che mi brucia negli occhi fino alla fine di tutti gli 11 km.

C’è qualcosa che mi brucia dentro.
Che sia quel dannato pollo tandoori con lo yogurt e le cipolle crude che mi sono mangiata sabato sera?
D’altra parte quale famosissimo maratoneta ha visto i natali nella terra speziata del the e del curry?
“Nessuno” mi dico appena imbocco l’ultima salita, quella che non finisce più e che porta al traguardo.

La sera prima di una qualunque attività vagamente aerobica, che duri più di una mezz’ora non ti puoi alimentare con del pollo color ciclamino, delle patate condite in maniera “fluorescente” con lo zafferano ed il cumino.
E per quanto avrai letto il menù cento volte alla fine la stronzata di ordinare qualcosa condito o cucinato nel latte di cocco la farai di certo..

Non servirà a niente innaffiare il tutto a volontà con bicchieri di birra ed acqua gassata: il mattino dopo, sotto il sole di una deliziosa giornata d’inizio settembre, ti ritroverai a sudare tutto quello che ti sei mangiata la sera prima….e saranno 55 minuti e 24 secondi tra i più lunghi della tua vita.

martedì 4 settembre 2012

Trofeo Grotte di Frasassi




C’era un’aria da riapertura delle scuole alla 12 km delle Grotte di Frasassi domenica.
Gente che si rivede e si saluta.
Una luce opaca, da fine estate, con il sole un po’ velato.
L’aria fresca che piano piano si scalda e che io mi presento spavalda come se dovessi andare al mare: shorts e sandali.
Un rientro dalle ferie, un ritorno alle corse “quelle solite sull’asfalto”.
Qualcuno ha fatto i compiti durante le vacanze, qualcuno no e si preoccupa perchè, anche se il volantino della gara dice “percorso pianeggiante”, chi l’ha già fatta, lo sa che un po’ di salita c’è, non tanta, ma fastidiosa.

Oso una partenza spregiudicata, anche se dal fondo.

Primi 3 km: resisto bene.
S’è formato un gruppo, guarda il tempo ad ogni cartello e sentenzia che sarebbe meglio rallentare, ma nessuno prende l’iniziativa e si rimanda sempre al chilometro successivo.

Km 6: corro ufficialmente sotto i 5’/km, nonostante le soste comode ai ristori. Attendo il calo.

Km 9: ci sono ancora e per ora nessun cedimento. Il gruppo si è un po’ sfaldato. Sparsi qua e là occupiamo tutta la strada a due corsie, senza macchine.
A valanga cerchiamo di sfruttare la leggera discesa e di arrivare alla fine.
Uno scalpita e mi dice: “Io allungherei” “Prego, fai pure ci vediamo all’arrivo”.
Un altro si è un po’ attardato, ma un passo alla volta recupera.
Poi sbuca uno da dietro che a meno di 1 km dall’arrivo decide per un arrivo a bomba sul traguardo.
Più avanti, l’eco, che si crea nella gola formata dalle montagne, mi rimanda le voci chi sta davanti.

E poi arrivo: 56’55”.

Prima domenica di settembre andata.