venerdì 23 dicembre 2011


In forma come un cotechino.
In ordine come la tavola del 25 dicembre alle cinque del pomeriggio.
Agile come uno zampone che sobbalza nell’acqua bollente.
Infreddolita come le bollicine in un flute di spumante.
Felice come seppie tagliuzzate a julien ed adibite ad insalata. 
Stropicciata come le fette di salmone staccate dal cartoncino della confezione.

Attendo che passi quest’altro Natale e che finisca questo 2011….per tornare normale.

sabato 10 dicembre 2011


Lo sapevo che succedeva.
Arriva il freddo, piove, il microbo è in agguato.
Gli untori ti corrono incontro con il viso d’angelo e le manine protese.
Ti ritrovi così, con gli occhi cisposi, la gola in fiamme, la lingua salmistrata, il naso impazzito e le mucose fuori controllo.
Poi tanta tosse, brividi di freddo e vampate di calore, giri per casa e vai al lavoro che sembri una lumaca schiumosa, ma non una linea di febbre.
Un raffreddore con i fiocchi: due settimane di gocciolamenti e metri quadrati di fazzoletti consumati.

Così niente corsa per due settimane e meno correvo più mi venivano fuori acciacchi e dolori vari mai sentiti prima.

Da un paio di giorni le cose vanno meglio, tanto che ieri sera un giretto l’ho fatto, ho trovato il coraggio.
E di coraggio ce n’è voluto, non perché avessi paura di passare dal “livello raffreddore” al “livello polmonite”, quanto perché non avevo voglia di sentirmi una merda.
Non avevo voglia di sentire i polmoni bruciare, di non avere il fiato, di avere le gambe pesanti, di non riuscire a respirare…

E’ stato tutto come me l’aspettavo: faticoso e orribile.
Più o meno dopo 40 minuti ero in riserva, le scarpe strisciavano per terra, la comunicazione con il compagno di corse languiva e speravo nei semafori rossi per tirare un po’ il fiato.
Arrivare alla fine è stata una liberazione, ma almeno ho ricominciato.