martedì 24 maggio 2011



Attendo istruzioni, l'email per l'iscrizione è pronta, basta solo che Giovanni faccia anche un solo cenno di vago assenso e io lo iscrivo ad un'altra corsa in montagna. Ha tempo fino al venerdi.
Mi basta anche un "ma vediamo", l'importante è che non sia un no deciso e si ritrova iscritto all'ecotrail di Colle San Marco (AP).

Tanto ormai, dopo i 22 km Fabriano e i 10 scarpinando per Castelfidardo (quella della "famosa" e omonima battaglia e delle fisarmoniche) cosa mai saranno altri 20 km in montagna?
Al massimo cammino...

Su Giovanni...

giovedì 19 maggio 2011

La 36° primavera fabrianese me la sono proprio goduta: 22 km di sana montagna, di sterrato, pascoli in fiore, di sentieri stretti e scavati dall’acqua piovana, di terra rossa e pietra bianca a gradoni.

Alla partenza siamo in quasi seicento, un popolo molto vario: c’è chi parte con gli scarponi ed i bastoncini, abbinandoli a pantaloni e camicia color cachi, chi si porta il cane, chi lo zaino con dentro i figli, chi con la tuta da ginnastica, la stessa del riposo sul divano del sabato pomeriggio…

Poi ci sono i podisti, quelli che viaggiano più leggeri con pantaloni corti, qualcuno in canottiera, quelli che proveranno a correrli questi 22 km con 800 metri di dislivello.

Eccomi, io sono tra i podisti: maglia bianca, pantaloni corti e nuovissime scarpe da trail rosse, non mi porto né il cappello né il gilet antivento per quando saremo in vetta, nessuna bottiglia per bere, né tanto meno integratori vari: ho fiducia nei ristori del Cai.

Alle 8:30 puntuali si parte e subito in salita, in poco più di 11 km dobbiamo salire da 325 m a 1125, passo la maggior parte del tempo a mettere un piede avanti all’altro, perché il sentiero è stretto e per lo più si procede in fila indiana, le punte delle mie scarpe che si alternano hanno un ritmo ipnotico, con la coda dell’occhio vedo il bordo del sentiero segnato da ciclamini e cespugli pungenti di conifere.

Al primo ristoro ci dividiamo e molti prendono la via del percorso breve da 13 km.

Noi della 22 ritorniamo nel bosco e ricominciamo a salire, anzi ad arrampicarci, un paio di chilometri per riprendere fiato ed eccoci arrivati al muro: prima un lunghissimo tratto in mezzo al bosco dove non ho nemmeno il coraggio di alzare la testa per paura di vedere quanto la salita è lunga, poi un prato verticale dove sembriamo tante formiche colorate che si arrampicano sul muro di una casa.

Qui, tra un respiro e un’imprecazione, faccio amicizia con un ragazzo, lui, mi dice, corre quasi solo in montagna, comunque quasi mai sull’asfalto, ha lo zaino con dentro l’acqua che può tornare utile, ha fatto l’Abbots Way…insomma ci intratteniamo cercando di ammazzare la salita, prima che lei ammazzi noi.

Poi finalmente siamo in cima, ora si corre in mezzo al pascolo in fiore spazzato dal vento, come al solito decapito un sacco di margherite, sento sulle scarpe lo schiocco della capocchia che decolla dallo stelo, mi sento come Heidi che rotola dai monti.

Dopo tutto questo bel divertimento si ritorna nel bosco e si inizia a scendere a capofitto.

Qui sono dolori: di gambe, di braccia…e di pancia, perché ho paura, scivolo e mi aggrappo agli alberi, il mio compagno di corsa è molto più a suo agio, si ferma ogni tanto a vedere se sono viva, negli occhi gli leggo il terrore ed il dubbio, nel caso cadessi, di dovermi soccorrere.

Lo libero da ogni responsabilità: se cado, mi lascerò morire in mezzo alla natura.

Non contenti della durezza del percorso decidiamo anche di perderci e di allungarla pure un po’, ritrovata la retta via (ma non siamo stati gli unici a sbagliare) portiamo le nostre stanche gambe al traguardo: 3 ore 14 minuti e un po’ di secondi…

Lunedì mattina le gambe erano a pezzi, facevo fatica a camminare, salire e scendere le scale…una cosa mai provata, nemmeno dopo la prima maratona.

...sono una noiosa ragazza di città...

giovedì 12 maggio 2011

L.M.C.

..che sta per: lento medio chiacchierato con Giovanni.


Che magari non sarà un grande lavoro, ma è necessario per addomesticare un paio di scarpe da trail nuove di zecca, che si, saranno comode come pantofole, saranno pur iper protettive tra rockstop e tomaia opportunamente rinforzata, mantenendo un discreta leggerezza….ma si tratta pur sempre di scarpe comprate sabato mattina e che voglio usare subito per il primo trail della stagione: 22 km a Fabriano domenica 15 maggio.

Ci sarebbe tanto bene il caro Monte Conero, ma l’orario di lavoro lo rende inaccessibile; vivendo in città non è che le occasioni per battere lo sterrato abbondino, quindi non resta che adattarsi al parco del Cardeto, in pieno centro e a picco sul mare.
Per arrivarci ti fai anche un po’ di trail urbano, destreggiandoti tra strisce pedonali, marciapiedi affollati, buche, cambi di direzione e tante salite (che poi tornano utili per il trail di cui sopra).

Ora le scarpe hanno reagito bene ai 14 km di ieri sera…un po’ meno il mio fisico, messo a dura prova da un inaspettato e piacevolissimo weekend moto-birra-carne alla griglia iniziato sabato pomeriggio e chiusosi domenica sera.

Due giorni di bagordi e lunedì arrancavo come un porcellino nel fango del suo porcile.

Per contrappasso ora due giorni di corsa, più per alleggerire la coscienza che la “panza”.

Per domenica, visto il dislivello, mi sento autorizzata a camminare molti di quei 22 km...

venerdì 6 maggio 2011

La corsa, il salame ed il cane...

Chiaravalle, domenica primo maggio, corsa di circa 10 km organizzata dall’Avis, affluenza come sempre straordinaria nonostante minacci pioggia, perché il salame per il podista è come la carota per l’asino..

Due sono le cose un po’ complicate alla corsa dell’Avis a Chiaravalle: la partenza in cui bisogna schivare la banda musicale, le majorettes, le signore a spasso con il maglioncino sulle spalle e la tuta d’acetato, i rispettivi mariti con l’ombrello al braccio e cappellino in testa.

Poi c’è il dopo gara, il ritiro del sospirato salame, con la solita coda all’italiana, a grappolo con inserti laterali.

Nel mezzo la corsa.

Io seguo un passo ipnotico, un movimento oscillante e saltellante al tempo stesso, gli arti che procedono quasi paralleli, un punto di domanda in cima che si muove alla cadenza della corsa.

Ce l’ho sempre a fianco del polpaccio, oppure sulla punte delle scarpe se per caso affretta un po’ il passo.

Davanti ad ogni cancello, ad ogni casolare che passiamo lo vedo che vorrebbe buttarsi nella mischia dei cani da pagliaio e rispondere all’abbaio dei suoi simili, ma il suo padrone lo sprona a tenere il passo e a non distrarsi: lui, anzi dovrebbe essere una lei, è una specie di lassie con un folto pelo tendente allo scuro.

Sull’ultimo cavalcavia il suo quattro per quattro ha la meglio sulle mie due gambe stanche.

A Chiaravalle, domenica, m’è arrivato davanti anche il cane.

Fortificata dall’esperienza in settimana mi sono esibita in 10 km-zona industriale (deprimente) e 14 km-collinari (ossigenanti e panoramici).

Per il weekend lungi da me andare a farmi 21 km a Giulianova, ho buttato lì un esca a Giovanni per sabato pomeriggio (su suggerimento di Franco, saggio podista dell’atletica Falconara): marcialonga della solidarietà a San Claudio di Corridonia.

Ma come al solito niente è stato deciso.