martedì 30 ottobre 2012

Una fatica bella...il mio secondo Conero trail


Sai cosa vuol dire essere preparati a tutto?
Pinocchietti, pantaloni a mezza gamba, pantalone cortissimo; due maglie a maniche corte, una a maniche lunghe, una senza maniche; guanti, cappello con visiera, scaldacollo; impermeabile; un pile…più ovviamente le scarpe ed i calzini.
Avrei potuto esibirmi in una sfilata di moda, ma per come s’erano messe le cose sabato c’era d’aspettarsi il peggio, fino quasi a sfiorare la nevicata.

Poi domenica mattina una giornata luminosa che ti solleva il cuore e che non vedi l’ora di correrla, prima che il tempo ci ripensi e ci dia quello che quei gufi del meteo ci hanno promesso.

Ormai la “valigia” è pronta e mi porto tutto dietro….

Ma appena metto le mani sul pettorale non ho dubbi: oggi è un giorno da maglietta rossa con le maniche corte e pantaloni corti. Niente cappello né k-way.

E sono pronta per questi 23 km con 1150 m di dislivello….per quanto si possa essere pronti per una cosa del genere.

Dalla spiaggia alla cima del monte e ritorno.
Cercando di non inciampare sulle radici.
Sperando di non cadere in discesa.
Provando a correre il più possibile anche in salita, ma senza strafare per evitare di “consumare” troppo le gambe.
Guardando bene di non perdere di vista i segnali, perché i sentieri dopo un po’ si assomigliano tutti.
Schivando qualche ciclista.
Sorpassando tanta gente con i crampi.
Tenendo a distanza due tipe che me le ritrovavo sempre tra i piedi in discesa.
Dando strada a chiunque da dietro la chiedesse.
Ascoltando i propri passi ed il fruscio del bosco.
Salutando in apnea i raccoglitori di funghi.
Sorridendo ai volontari e alla forestale lungo il percorso.
Godendo della vista del mare e della costa, quando il sentiero lo permetteva.
Maledicendo la scalinata scavata sulla falesia che dalla spiaggia si arrampica su.
Chiedendo alle gambe un ultimo sforzo, per fare quei miseri 500 metri di asfalto, quegli ultimi passi prima di poter dire che è finita e che ce l’ho fatta.

2h 59’ scarsi, quasi un quarto d’ora in meno dell’anno scorso.
Può la fatica essere bella?
La risposta è si.

mercoledì 24 ottobre 2012

Una faccia una razza


Mi hanno sempre colpito le espressioni e le facce di quelli che corrono.
C’è quello che prima della partenza è normale, una faccia qualunque, banale. Lo incroci durante la corsa e ha subito una mutazione.
La mutazione può essere di due tipi: c’è chi si trasforma in una maschera di dolore e chi diventa un essere demoniaco.

La maschera di dolore ha la testa ed il collo tirati in avanti come una tartaruga, ha gli occhi stretti e la bocca serrata in un ghigno sofferto. Sembra che qualcuno lo stia pungolando sulle chiappe con un forcone.
Stringe i pugni e non respira: geme!

Il demone invece corre a bocca spalancata, a tal punto che le guance s’infossano, l’ovale del viso si allunga, gli occhi sono aperti a palla e, per evitare variazioni e turbolenze nell’assetto aerodinamico, non chiude nemmeno le palpebre.

Di solito il demone è più veloce della maschera di dolore.

Poi ci sono le maschere di cera: visi bloccati ed immobili, sguardo fisso in avanti, dietro non c’è niente, hanno azzerato le attività neurologiche, tutti i sensi sono bloccati.
Se gli urli un incitamento non ti sentono, se gli passi davanti non ti vedono nemmeno se alzi la maglietta e gli fai vedere le tette. Non parlano, non hanno più un nome, solo un numero identificativo: il pettorale di gara.

Io sono una faccia parlante: corro e chiacchiero. E come me ce ne sono tanti.

Anche domenica a Filottrano, al trofeo Extra, tutta questa varietà umana si è ritrovata per 13 km scarsi di corsa collinare, in mezzo alla nebbia.

Io nel mezzo, nonostante una partenza sconsiderata e troppo veloce, porto a casa una rotonda media del 5’/km ed una gustosa lonza!

martedì 16 ottobre 2012

I love it!!


Ma l’abbiamo passata la metà?
Illuso, non l’hai visto, giusto giusto un secondo fa, il cartello del sesto chilometro?

Ma la salita è finita?
Illuso per l’ennesima volta, non è ancora iniziata.
Non la devi prendere così, sennò saranno i 21 km più orribili della tua vita.

Perché la mezza di Serra de’ Conti  o la ami o la odi, o la prendi per il verso giusto o la subisci tutta, o ti farai una bella fatica o sarà la fatica a farsi te e non sarà piacevole.

Io l’adoro, punto e basta.
Anche domenica scorsa, quando sono partita spudoratamente forte ed il fiato si è fatto subito corto, quando, anche in discesa le gambe le sentivo stanche, anche sugli ultimi tornanti prima dell’arrivo, quasi impossibili da correre.

Mi piacciono le colline.
Le strade di campagna.
I borghi con le mura ed i campanili.
Il cielo terso e l’aria brillante delle domeniche d’autunno che ci sono qui.
La linea del mare che ogni compare da dietro la gobba di qualche poggio.

Poi, il salame per il piazzamento di categoria è quasi come una ciliegina sulla torta, come un buco nella ciambella, come il cacio sui maccheroni, come i cantucci tuffati nel vinsanto, come le castagne con il vino novello….

martedì 9 ottobre 2012

Cose da fare ad ottobre


14 ottobre- Serra de’ Corsa
28 ottobre- Conero trail

Questo sarebbe il programmino per ottobre.
L’obbiettivo minimo è ovviamente sopravvivere ai 23 km della scarpinata sul monte Conero.
Tutto il resto è solo un allenamento per arrivare in fondo e non stramazzare davanti a tutti nella piazza del comune di Sirolo.

Le iscrizioni sono in fase di perfezionamento e le gambe si danno da fare.


giovedì 4 ottobre 2012

La (mia) dieta per la mezzamaratona


Una mezza maratona, non troppo ondulata, dopo un matrimonio durato un sabato intero, 14 ore sopra i tacchi….ce la faccio.
Un’altra mezza dopo sette giorni esatti, in collina, dopo una cena al bancone del solito bar, tra birre rosse, noccioline, patatine e saporitissimi crostini con formaggio e wurstel….ce la faccio.

Altri 7 giorni e mi ripresento ad una mezza, ma dopo una cena macrobiotica….per poco non ce la faccio.

Per cena macrobiotica si intende una minestra di orzo e cavolo a spasso in una brodaglia scura, senza traccia di sale o qualunque altra sostanza sapida.
Segue un piattone unico in cui si mescolano un’insalata scondita, un pugno di riso in bianco, dei cubetti di pane bagnati da qualcosa che forse era aceto, rondelle di zucchine lesse e molto tristi, un pugno di fagioli neri, credo solo scolati direttamente dalla scatola e buttati in cima al tutto.
Anche in questo miscuglio di sale nemmeno l’ombra.

A mandar giù tutto questo una bottiglia di birra da mezzo litro da dividere in tre…
E’ mancato il coraggio per assaggiare il dessert al riso ed il caffè.

Dopo tanta abbondanza, domenica mattina sono a Jesi per l’ennesima mezzamaratona.

5 chilometri per trovare il passo che all’inizio è troppo svelto.
Niente affanno, ma qualcosa mi dice che non reggerò per tutta la gara così.

Al decimo do la gioia più grande ad una bambina che al ristoro distribuisce frutta:
metto la mano nel vassoio a caso e tiro su un limone, la bimba mi guarda, non me la sento di deluderla, perché ci sta mettendo un grande impegno.
Addento l’agrume e per poco non vomito pure l’anima, mantengo un contegno e resisto finchè non esco dal suo campo visivo.

Al quindicesimo sono ancora sui 5’/km, nonostante le soste comode ai ristori.

Poi arriva.

Il diciottesimo chilometro è lunghissimo, il diciannovesimo sembra una salita al 20%, il ventesimo avrei voglia di camminarlo, per l’ultimo mi invento qualcosa e arrivo: 1h 49’ 44’’.

Quindi è ufficiale: prima di una mezza maratona va bene una sbornia (da smaltire soffrendo il giorno dopo), ma non il macrobiotico!