martedì 4 agosto 2015

T.A. Sappanico



Una bella battuta al cinghiale.
Tra i boschi della Selva.
A pochi minuti di macchina da casa.
E per una volta non è servita nemmeno la sveglia.

Il tempo sconsigliava di andare al mare.
Per la verità sconsigliava anche l'uso della canottiera: all'improvviso sembra novembre, dopo settimane di un caldo infernale, da aver voglia di staccarsi la pelle di dosso.

Siamo quaranta scarsi e dagli accenti che sento, direi che non ce n'è uno che abiti più a nord di Falconara e più giù del casello di Ancona sud.

Non c'è iscrizione, non ci sono classifiche, non c'è nemmeno segnato il percorso, se lo inventa quello che sta davanti e ai bivi ci si aspetta.

La Selva di Gallignano è un posto un po' nascosto, una specie di foresta di sherwood, ma più in piccolo e senza Robin Hood. Sentieri scivolosi, scalini mangiucchiati dal muschio, qualche casa nascosta che non t'aspetti, due bracchi italiani sempre a zonzo ma innocui, tanto silenzio protetto dalle fronde degli alberi.

Di sicuro è un bosco abitato, ma domenica credo che la fauna locale si sia ritirata nelle tane più profonde o nascosta nei nidi più alti, turbata dal passaggio di una quarantina di “cinghiali” per lo più fosforescenti e puzzolenti, strizzati dentro magliette sintetiche sudatissime, che si chiamavano da un capo all'altro del bosco, che maledivano le salite, che facevano un gran baccano.

Gli stessi cinghiali, non tutti, m'è sembrato poi di averli rivisti la sera, alla cena della sagra della Spuntatura...con il loro buono per la cena, sudato con fatica al mattino.