venerdì 25 novembre 2011

R.I.P.


Niente di eroico nel correre al buio, al freddo ed in mezzo alla nebbia o alla pioggia.
Non sopporto i piedi congelati ed il naso che cola.
Il cappello in testa non mi sta, la fascia mi fa sembrare ancora più grande il naso.
Quindi mi riposo da domenica, dopo una "veloce" apparizione al II trofeo Esalex di Fano: poco più di 10 km strapiatti, in mezzo alla campagna silenzionsa dietro la zona industriale di Fano.

Si parte come sempre dal mercato dell'ortofrutta, dove c'è la solita fiera dell'autunno con le bancarelle.
Fa veramente freddo all'inizio, il vento e la nebbia punzecchiano la pelle del viso e dei miei polpacci. 
Solite riflessioni banali tra podisti in attesa: "Tutti gli anni qui c'è la nebbia e fa freddo" E vorrei vedere, siamo come ogni anno a fine novembre, in una spianata dietro il mare...è facile che sia freddo ed umido.

Sopravvissuta alle fasi iniziali concitate da grande affluenza, trovo un passo regolare ed un compagno di corsa: 5'/km, ristoro compreso. Mi sento come se avessi compiuto una grande impresa, anche se, come al solito, ho sempre più gente davanti di quanta ne lasci dietro.

Oggi c'è il sole, ma è venerdi e non ho avuto mai buone impressioni dalle corse del venerdi sera, se continua così posso pensare di rimettere le scarpe domenica a Porto sant'Elpidio...




martedì 15 novembre 2011

Corri e impara


La corsa di San Martino è una partenza critica, perché tra chi sorpassa a destra, chi a sinistra, chi cerca di scavalcarti, chi te lo ritrovi sulla punta delle scarpe…per un paio di km la cosa più importante è non travolgere nessuno e non essere macinati.
La folla è composta da:
·         supermegatop runner che se la fanno a 3’ al km come se fosse tutta in discesa (ogni volta mi chiedo come è possibile che ne arrivino così tanti fin quaggiù)
·         top runner da 4’ al km, un po’ meno spaziali dei primi, ma che se la cavano comunque in meno di un’ora
·         podisti medi, di passo medio che cercano di partire il più avanti possibile
·         passeggiatori in tuta e zaino in spalla pronti per la magnalonga di 5 km a fare da collante alla massa.

In tale abbondanza di gambe che corrono e di menti a corto d’ossigeno, ti ritrovi a sentire che “Il pettorale è meglio attaccarlo in basso sulla maglia, perché ripara la pancia e, se lo metti troppo in alto, ti sbatte il vento in faccia.”

Prendo atto e imparo.

Corsa conclusa felicemente e senza troppe pretese in 1 h 17’ 46’’, un minuto in meno dell’anno scorso: una piccola soddisfazione per me che, finora ho badato solo a metterlo dritto il pettorale e non sempre ci sono riuscita.

venerdì 11 novembre 2011


Domenica mattina piove.
Sto sotto le coperte e aspetto l’ultimo minuti per tirarmi fuori, quando arriva un messaggio: “Io vengo in jeans e non corro, porto l’ombrello”.
Me l’aspettavo.
Segue una seconda direttiva: “Se vieni sotto casa mia alle 8:15 ci prendiamo il caffè”.
Rispondo “Ok”.
Una spruzzata d’acqua in faccia, una spazzolata ai denti e mi assemblo velocemente, imbraccio il borsone strapieno per ogni evenienza, così posso affrontare di tutto: tornadi, trombe d’aria, bombe d’acqua, bolle di calore, nevicate da era glaciale, caduta di asteroidi….fino alla fine del mondo.
Tempo impiegato: 7 minuti e sono al bar.

Scrocco il caffè al ragazzo-ombrellino, lo carico in macchina e andiamo a vedere com’è la situazione in zona gara.
Tutto questo avviene nel raggio d’azione di 5 km scarsi da casa mia.

Zona gara affollata quanto bagnata, si fa ad ombrellate.
Nonostante il tempaccio, mi sembra che ci sia parecchia gente, tutta in mezza alla strada, sotto la tutela di una volante dei vigili che cerca di disciplinare il gregge.

9,5 km non competitivi ma impegnativi, vicina a casa e la quota va in beneficenza: perché non andarci, anche se piove?
E poi alla fine ha smesso giusto giusto per la partenza.
Il ragazzo-ombrellino ci guarda partire e poi, con il parapioggia al braccio, riprende la via di casa, a piedi, non ci aspetta arrivare e se ne va in piscina.

Io ho fatto la mia corsa: 50 minuti, la seconda parte chiacchierando con Fabio che, nel mezzo del suo giro domenicale, si è imbucato per qualche km.
Tutto bene a parte le scarpe nuove che si sono un po’ sporcate…

Per domenica il ragazzo-ombrellino si è fatto iscrivere alla corsa di San Martino di Controguerra, perché ha visto che questo finesettimana è previsto un gran sole.
Quindi si va a Controguerra.

mercoledì 2 novembre 2011

Sul Monte Conero come Cappuccetto rosso, ma senza il lupo cattivo.

Indosso la maglia rossa taglia L che Giovanni mi ha prestato, visto che io non trovo la mia e mi serve assolutamente una tasca per tenere un pugno di caramelle gommose che mi diano un po’ di conforto lungo il percorso. E’ la maglia che probabilmente avrebbe messo lui, se non fosse stato stroncato dagli antibiotici e non fosse rimasto a casa a dormire.
La abbino ai pantaloni al ginocchio, più che altro per evitare i graffi sulle gambe, anche se la temperatura è tale che si sarebbe stati bene anche con qualcosa di più corto.
Calzo in testa il cappellino rosso che uno degli sponsor ha distribuito a tutti i partecipanti di questo primo Conero Trail e completo la mise con le scarpe da trail, anch’esse rosse ed impreziosite da una coccinella che, rincoglionita dal freddo, non ne vuole sapere di staccarsi dai lacci.

Ecco, sono pronta e sembro Cappuccetto rosso, pronta per andare a trovare la casa della nonna, solo che dalle ultime notizie pare che ci siano state delle modifiche e per andare e tornare dalla nonna ci toccherà fare un paio di km in più rispetto a quelli previsti.

La massa si precipita in picchiata verso la spiaggia di San Michele, il mare è piatto, è tutto rosa e azzuro, il silenzio dell’acqua amplifica le voci dei podisti che ancora hanno fiato per sfottersi. Un pescatore dalla riva guarda perplesso.
Segue una salita di 8 km da “livello del mare” fino a “quota 527 metri”: ne avrò corso forse un 10%, tutto il resto è stato un’arrampicata con il cuore in gola, un’abbuffata di corbezzoli, di sbirciate brevi al panorama badando bene a non inciampare perché il fondo è molto sconnesso.

Sbuco dietro al monastero in cima al monte, banchetto al ristoro e, benché abbia impiegato un’eternità a fare questo primo tratto non m’importa, perché sento che le gambe ci sono, si sentono in grado di gestire i km che mancano e non avranno paura di rifarsi, questa volta in discesa, quegli 8 km terribili.

Ora finalmente corro, faccio lo slalom in mezzo al bosco, senza nessuno intorno, il percorso è ben segnalato, non ho dubbi su dove andare e poi riesco anche ad orizzontarmi: sono una macchia rossa che saltella sulle radici, passa sotto i rami, segue con attenzione i segnali lasciati dagli organizzatori, per parecchio tempo non sento nessuna voce intorno a me, solo il frusciare della maglia troppo larga, il mio respiro finalmente regolare ed il calpestio dei miei passi nel sottobosco.

Eccomi di nuovo in cima: mi aspetta la discesa da affrontare con prudenza, le gambe vanno piano ma ubbidiscono ai comandi, non inciampano, se possono accelerano e in salita fanno quello che possono, soffrono e gemono solo all’ultimo passaggio in spiaggia, perché sembrava di correre sulle sabbie mobili.

Alla fine eccomi: 3 ore 13 minuti ed un po’…vado diritta al ristoro e mi gratifico con un panino alla lonza ed una birra.

Bellissimo il I trail del Conero, tanto quanto duro, mi auguro che sia il primo di una lunga serie…