E venne il giorno della solita mezza maratona di PortoRecanati.
Una testa incosciente portò due gambe ubbidienti ed un
fegato molto affaticato a fare quei soliti 21 km, quelli a cui mancavano, ogni
anno, quei 600 metri per fare una mezza precisa.
Sempre quella testa aveva sentito la sveglia martellante
delle sette del mattino, aveva fatto scendere tutto quell’insieme stanco di
membra dal letto e alle otto aveva consegnato il tutto al ritiro del pettorale
nella solita piazza.
Poi la testa aveva staccato la spina, fine delle
comunicazioni: che le gambe ed il fegato se la sbrigassero loro, da soli,
facessero quello che potevano, si sarebbero ritrovati in macchina alla fine.
La testa, saccente aveva stimato due ore buone e lei di
soffrire per tutto quel tempo non aveva voglia.
Aveva previsto una partenza briosa, già se l’immaginava che
quelle gambe incoscienti sarebbero partite spavalde, ma che avrebbero retto al
massimo per il corso di Porto Recanati.
Prevedeva che, appena lasciato il centro abitato, perso tra
la campagna e la zona industriale, il fegato goffamente avrebbe alzato la voce,
avrebbe mandato segnali inconfondibili di cedimento.
Avrebbe urlato la sua fatica per smaltire un sabato sera.
Ma le gambe nel frattempo andavano, senza la testa a
comandare, tanto che al solito ciucciasuole, incollato alle scarpe come una
cicca sputata, che chiedeva “A quanto la fate? Che magari vi seguo”
rispondevano candidamente “Noi non sappiamo niente. Noi la facciamo e basta. I
conti li fa la testa, ma lei non c’è. Non è voluta partire”.
Davanti a tanta ignoranza e dabbenaggine podistica, il
ciucciasule si staccava inorridito: “Come si fa a correre così? Senza sapere a
quanto si va, bisogna saperlo. Io oggi devo andare a 5’10’’/km assolutamente”.
“Caro ciucciasuole, attaccati da qualche altra parte, che
noi andiamo come viene che la testa per i calcoli non ce l’abbiamo”
Già al primo ristoro le gambe avevano avuto una visione dei
futuri chilometri, della prima salita che stava per avvivare e del lungo
rettilineo in campagna che c’è subito dopo.
Perché non è vero che solo la testa pensa, anche i muscoli
si ricordano.
Così a mano a mano che i passi mangiavano la strada, le
gambe rivivevano, metro per metro, quello che avevano percorso negli anni
passati.
Allora si ricordavano che subito dopo il ponticello c’è un
ristoro, l’ultimo, e non bisogna saltarlo, perché poi è tutta una tirata penosa
sul lungomare, fino all’arrivo.
Alla fine le gambe hanno sbattuto in faccia alla testa con
un dignitoso 1h47’51’’ per 21 km scarsi fatti senza pensarci troppo.
Ora la testa ambiziosa, senza aver fatto niente, ha deciso
che le gambe si faranno altre due mezze maratone: una a Gabicce Monte ed una a
Jesi, una di seguito all’altra.
Staremo a vedere.
2 commenti:
bhè alla fine il connubio c'è stato.....evvai!!!
Si, alla fine è andata bene. Ogni parte ha fatto la sua "parte"
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