Indosso la maglia rossa taglia L che Giovanni mi ha
prestato, visto che io non trovo la mia e mi serve assolutamente una tasca per
tenere un pugno di caramelle gommose che mi diano un po’ di conforto lungo il
percorso. E’ la maglia che probabilmente avrebbe messo lui, se non fosse stato
stroncato dagli antibiotici e non fosse rimasto a casa a dormire.
La abbino ai pantaloni al ginocchio, più che altro per
evitare i graffi sulle gambe, anche se la temperatura è tale che si sarebbe
stati bene anche con qualcosa di più corto.
Calzo in testa il cappellino rosso che uno degli sponsor ha
distribuito a tutti i partecipanti di questo primo Conero Trail e completo la
mise con le scarpe da trail, anch’esse rosse ed impreziosite da una coccinella
che, rincoglionita dal freddo, non ne vuole sapere di staccarsi dai lacci.
Ecco, sono pronta e sembro Cappuccetto rosso, pronta per
andare a trovare la casa della nonna, solo che dalle ultime notizie pare che ci
siano state delle modifiche e per andare e tornare dalla nonna ci toccherà fare
un paio di km in più rispetto a quelli previsti.
La massa si precipita in picchiata verso la spiaggia di San
Michele, il mare è piatto, è tutto rosa e azzuro, il silenzio dell’acqua
amplifica le voci dei podisti che ancora hanno fiato per sfottersi. Un
pescatore dalla riva guarda perplesso.
Segue una salita di 8 km da “livello del mare” fino a “quota
527 metri”: ne avrò corso forse un 10%, tutto il resto è stato un’arrampicata
con il cuore in gola, un’abbuffata di corbezzoli, di sbirciate brevi al
panorama badando bene a non inciampare perché il fondo è molto sconnesso.
Sbuco dietro al monastero in cima al monte, banchetto al
ristoro e, benché abbia impiegato un’eternità a fare questo primo tratto non m’importa, perché sento che le gambe ci sono, si sentono in grado di gestire i
km che mancano e non avranno paura di rifarsi, questa volta in discesa, quegli
8 km terribili.
Ora finalmente corro, faccio lo slalom in mezzo al bosco,
senza nessuno intorno, il percorso è ben segnalato, non ho dubbi su dove andare
e poi riesco anche ad orizzontarmi: sono una macchia rossa che saltella sulle
radici, passa sotto i rami, segue con attenzione i segnali lasciati dagli
organizzatori, per parecchio tempo non sento nessuna voce intorno a me, solo il
frusciare della maglia troppo larga, il mio respiro finalmente regolare ed il
calpestio dei miei passi nel sottobosco.
Eccomi di nuovo in cima: mi aspetta la discesa da affrontare
con prudenza, le gambe vanno piano ma ubbidiscono ai comandi, non inciampano,
se possono accelerano e in salita fanno quello che possono, soffrono e gemono
solo all’ultimo passaggio in spiaggia, perché sembrava di correre sulle sabbie
mobili.
Alla fine eccomi: 3 ore 13 minuti ed un po’…vado diritta al
ristoro e mi gratifico con un panino alla lonza ed una birra.
Bellissimo il I trail del Conero, tanto quanto duro, mi
auguro che sia il primo di una lunga serie…