La tirava su dal mare un vento teso, la
portava dalla spiaggia del Passetto all'inizio del viale.
Un'umidità un po' insistente, che
subito al primo accenno di corsa, anche solo per raggiungere la
partenza, t'aveva ricoperto la pelle di una patina sudaticcia.
Già dall'inizio la situazione era
fuori controllo e contro ogni logica o modestia podistica si
sgambettava a 4'40'', veleggiando, spinta dalla brezza, verso il
naufragio.
Tra i palazzi del corso vecchio eravamo
al riparo dal vento, ma appena si tornava a fiancheggiare il mare,
ecco che tornava, ma stavolta veniva da dentro il porto e allora la
brezza aveva l'odore pastoso della nafta delle navi.
Adesso si viaggiava a 5' o poco più,
perchè la salita aveva messo in riga le gambe, ricordandogli i loro
limiti, rimarcati, con un certo malumore, ogni volta che s'incrociava
il primo uomo che tallonava la moto dei vigili.
Finiva il primo giro.
Che mentalmente sembrava fatta, perchè
ogni mattonella del corso, ogni cubetto di pavè, ogni panchina del
viale sfilavano con un aspetto più che familiare, ma non scorrevano
più veloci come prima.
Alla solita battuta dell'occasionale
compagno di corsa “Siamo sulla stessa barca”, ho pensato che la
barca dovesse chiamarsi per forza Titanic.
Vivicittà 2014: una gran fatica. E per
fortuna non erano 12 km...
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