Un bel vialone d'accesso alla città,
con due corsie per ogni senso di marcia. Trovo un bel posto largo per
parcheggiare, proprio di fianco alla carreggiata, in prossimità
della zona del ritrovo e comincia l'esibizione.
Non vado mai già vestita, l'unica cosa
che indosso e che poi porterò dopo sono i calzini: ho la convinzione
del tutto infondata che il calzino debba adattarsi per tempo al mio
piede e viceversa.
Spargo nel bagagliaio la borsa per
scegliere. Di solito tolgo subito il pile, la maglietta e, sulla
pelle nuda, valuto la giornata: domenica c'è un bel sole che scalda
la schiena, ma molto vento che ammassa nuvoloni.
Facile decidere: canotta sotto per
tenere la pancia al caldo e sopra la maglia a mezze maniche.
Si è formata un po' di coda sui viali,
da una macchina ferma mi fissa una donna infagottata e un po'
rabbrividisce, non devo essere un bello spettacolo con la tuta a vita
bassa, senza maglietta, la pelle bianchiccia della pancia.
Attenta signora che arriva il meglio: è
ora di togliere i pantaloni. Le gambe avrebbero bisogno un po' di
colore.
La prima parte dello spettacolo è
andata, cappello calato in testa si va verso questi 12 km della
“Caminada di San Giuseppe”.
Ritorno 1 h e 06' minuti dopo,
abbastanza sconvolta: partita ancora troppo forte ho consumato
abbastanza presto tutte le energie lungo le salite dei colli intorno
a Jesi.
Ho un'autonomia di 10 chilometri
scarsi, tutto il resto è affidato all'immaginazione.
Seconda parte dello spettacolo: scalza,
appoggiata alla macchina, la faccia arrossata ed i capelli sparsi in
tutte le direzioni dal vento.
Maglia sudaticcia e pantaloncini
sfilano via senza tante cerimonie.
Poi l'acrobazia finale, quella da vera
professionista dello streap: il difficile delle mutande, non è
togliersele....ma rimetterle in mezzo al traffico che scorre.