Avevo inciampato, vagando in rete, in un paesino, un
minuscolo borgo (una chiesa, un bar “Dal Secco”, tre case ed un campo sportivo)
che, rievocando i fasti di un archeologico passato da municipio romano, aveva
deciso di festeggiare costruendo colonne con capitelli e timpani di
cartongesso, organizzando gare di gladiatori e sfilate in costume.
Oltre a tutto questo, in fondo alla dettagliatissima pagina
web, sotto la gara di ruzzola, ecco che leggo “gara campestre, 10 km, percorso
sterrato poco impegnativo” e me ne innamoro subito.
Dovevo andarci da sola, perché i soliti compagni di corsa
latitavano.
Invece domenica mattina mi presento ad Attiggio con la
macchina piena di gente dell’Atletica Falconara ed al limite del sovraccarico.
Totale partecipanti alla corsa 25 individui, pochi ma
variegati.
Ci siamo noi “corridori di città” arrivati dalla costa, un
gruppetto compatto dell’Avis Fabriano, alcuni indigeni reduci dai
festeggiamenti della sera prima ed un ragazzino che avrà avuto non più di 13
anni in trance agonistica, concentratissimo ed impegnato nel riscaldamento più
lungo della storia del podismo amatoriale.
Sul cartellino che ci appuntiamo sulla maglia, oltre al
posto per il timbro da mettere ai due punti di controllo, ci sono due numeri di
cellulare per le emergenze: il ragazzo che guida l’ambulanza e, se la cosa è
più grave, il prete.
Pronti partenza e via!
Il ragazzino, scaldato a dovere, scatta in avanti come una
molla e aggredisce subito la salita, noi tutti ci mettiamo dietro, ognuno al
proprio passo.
Io me la cavo, la salita è ripida, sotto il sole, ma vedo
che stiamo prendendo la direzione del bosco e tengo duro.
Primo ristoro e punto di controllo, fine della salita, bevo
abbondantemente e poi succede il fattaccio: ci ributtiamo nel bosco, ma troppo
attenti a guardare in terra per non cadere sul sentiero ripido, non vediamo il
segnale che indica la via ed in cinque, in momenti diversi, ci perdiamo nei
boschi.
Ci ritroviamo tutti all’improvviso sull’asfalto che riporta
giù in paese. Abbiamo seguito il sentiero sbagliato. Oltre a me ci sono due
membri dell’equipaggio della mia macchina, una signora dell’Avis Fabriano che
incrocio sempre alle gare, con cui stavolta colgo l’occasione per fare amicizia
ed il giovanissimo che, partito in testa, ora sta in coda a tutti.
Segue un momento di sconforto, perché ci stavamo prendendo
gusto, il posto meritava, il bosco era fresco ed il panorama bellissimo…ma
abbiamo fatto la fine di Pollicino e siamo anche senza molliche di pane.
Alla fine facciamo l’unica cosa che andava fatta: con un po’
di pazienza si riprende il sentiero e, a testa bassa, si va a cercare quel
maledetto segnale e, quando finalmente lo ritroviamo, si completa il percorso.
1 ore e 40 minuti d’allenamento in montagna che viene sempre
buono per altre cose che ogni tanto mi compaiono nella testa, oltre ad aver di
nuovo ripassato la solita lezione: bisogna stare svegli!!
E poi è inutile che corri veloce se poi le gambe vanno nella
direzione sbagliata…
2 commenti:
peccato, altrimenti altro prosciutto?
C'ha pensato quella santa donna di Concetta: è arrivata seconda e ha deciso di dividre in tre la sua lonza, uno per me ed uno per l'altra donna dispersa nei boschi..
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