Dopo aver passato due settimane a spalare neve per
consentirmi gli spostamenti vitali (ovvero, andare al lavoro e tornare a casa,
anche sotto la tormenta, dopo la solita birra), l’idea di correre mi aveva
sfiorato un giovedì sera dopo il lavoro, volevo fare una prova al campo d’atletica,
visto che era da quasi 48 ore che non nevicava e ormai Ancona sembrava Livigno.
Non mi sono arresa alla prima difficoltà, cioè parcheggiare
sul ghiaccio e tra due montagne di neve.
Ho preso la borsa e mi sono avviata verso gli spogliatoi.
Uno sguardo verso il campo per vedere cosa m’aspetta…e lì ho
deciso che me ne sarei tornata a casa.
Una distesa immacolata, bianca, un mondo incantato.
Si vedeva solo un’esile striscia scura, su cui si affannavano
in fila indiana i “soliti” che corrono sempre in pista: si erano aperti un
sentiero, un ovale che devono aver scavato a forza di correre in circolo,
correndo a memoria, ricordandosi che lì, sotto 30 cm di bianco, c’era la pista.
Tutto il resto non c’era più.
Ci ho riprovato ieri mattina: una mezz’oretta nella zona
industriale vicino casa.
Una mezz’ora veramente deprimente: fiatone, gambe indecise e
lente, piedi sempre in dubbio dove appoggiarsi, neve e ghiaccio camuffati da
asfalto, macchine sempre troppo incivili e grosse pozzanghere impossibili da
saltare…
Ho bisogno del sole…
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