Io infatti non ci volevo nemmeno
andare.
L'avevano pure cancellata dal
calendario e non ne avrei nemmeno sentito la mancanza, perché in
fondo erano 21 km di noia, a parte qualche chilometro di sterrato
vicino al fiume.
Ma, tra che l'avevano miracolosamente
resuscitata e messa in saldo se t'iscrivevi entro fine mese, tra che
l'avevamo buttata lì sul sonnolento gruppo whatsapp al grido di
“Tutti a ….”, con un entusiasmo che non leggevo da quando era
stata postata una foto con un cesto pieni di salami che avevamo
riportato da una gara dell'oratorio, dove eravamo stati il gruppo più
numeroso in virtù del fatto uno aveva reclutato pure suo nonno per
farlo correre con noi...insomma alla fine m'ero fatta convincere e
m'ero fatta iscrivere.
Già il giorno dopo m'ero pentita,
appena il solito diavolo tentatore m'aveva fatto capitare tra le mani
un interessante volantino di un trail verso Ascoli: 15 chilometri in
mezzo ai monti, putroppo lo stesso giorno della sventurata gara di
cui sopra.
E poi pioveva e faceva tanto freddo.
Alle 6 di mattina m'era arrivato un
messaggio della prima defezione, ma io ero partita lo stesso.
In macchina la compagna di viaggio,
anche lei iscritta nel gruppone della 21 km, era molto incerta se
ripiegare sulla dieci o se addirittura restare al bar a stordirsi di
cappuccini.
Insomma le premesse non erano affatto
buone e infatti poco dopo la partenza è successo il fattaccio.
Quinto chilometro, nemmeno mezz'ora di
corsa ed ero parcheggiata al lato della strada, con la piacevole
sensazione che qualcuno m'avesse ficcato uno spillone dietro la
coscia sinistra.
Due tentativi di allungare l'arto
facendo poi qualche passo di corsa, tre rapidi conti e se 21 meno 5
faceva ancora 16, era evidente che il traguardo era troppo lontano
per arrivarci saltellando su una gamba sola.
La 21 chilometri che non volevo fare
adesso era diventata una lunga passeggiata di 5 chilometri. E non è
che avessi nemmeno tanta voglia di fare questa passeggiata.
Nel frattempo pregavo che la tizia che
era in macchina con me, quella che non voleva nemmeno partire perchè
pioveva, a cui avevo pure lasciato le mie chiavi della macchina,
avesse deciso di svoltare per la dieci o che, se avesse continuato
per la lunga, almeno fosse in giornata di grazia e si regalasse una
prestazione straordinaria, anche in odore di doping, purché non mi
lasciasse a congelare al traguardo.
Tutto ciò accadeva a fine novembre.
Da tutto ciò ho imparato varie cose.
Primo: quello che sembra un crampo, che
fa male come un crampo, a volte non è un crampo.
Secondo: quello che non è un crampo,
se anche non fa male, sta nascosto e ogni volta che ti rimetti a
correre torna fuori.
Terzo: a volte il riposo non basta,
soprattutto se non sai quanto devi riposare e allora serve che
qualcuno te lo dica. Ma non il primo che passa o il solito uomo che
“ne ha passati tanti di infortuni” e che sostiene la tesi della
sindrome della sassata.
Ma soprattutto ho riscoperto, di nuovo,
che, dopo un mese in cui non corri, quando ricominci, ti viene da
vomitare, per davvero, non per finta.
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