lunedì 19 marzo 2012


Corsa a Trodica di Morrovalle: parti dalla piazza, esci sulla statale, ti butti con un po’ di slancio sull’unica vera salita, poi un momento di respiro in mezzo ai campi, infine un tratto un po’ antipatico perché sei di nuovo sulla statale.
Si conclude tutto con un giro molto largo della piazza, un paio di curve ed il rettilineo finale di 100 metri da correre a tutta perché c’è sempre qualcuno che da dietro ci prova ad arrivare prima di te e, se non stai sveglio, in un secondo, per uno sputo, ti giochi l’ambitissima trecentocinquantasettesima posizione.

I pettorali sembrano un po’ riciclati perché presentano dei buchi sospetti agli angoli, ma sono puliti, alla fine per tutti c’è l’uovo di Pasqua…

Insomma ero pronta alla solita gara, alla solita domenica di corsa, non esaltante, ma almeno un’onesta sudata sotto il sole, buona per smaltire le birre del sabato sera.

E così è stato, almeno fino a metà del nono chilometro.
Sono lì che faccio la prima curva a destra e rientro nel quartiere, il ragazzo davanti a me grippa e s’inchioda, io lo schivo e vado avanti.
Sento ciabattare da dietro e lascio strada ad un simpatico signore che ringrazia, insieme a lui faccio l’ultima curva e alziamo la testa per vedere lì davanti l’arrivo, in cerca di un po’ di energia per arrivare con slancio.

Mentre sta per partire l’irreversibile cavalcata finale ed il cervello spinge un “play” immaginario per tagliare il traguardo urlandomi in testa “Let there be rock, mi si parano dinanzi una transenna ed un nastro bianco e rosso: l’appuntamento con il traguardo è rimandato dietro altre due curve inattese ed inopportune, forse per aggiustare un po’ il chilometraggio.

Il cervello riavvolge il mastro e attacca con La locomotiva di Guccini, taglio il traguardo ripetendomi “che gli eroi son tutti giovani e belli… che gli eroi son tutti giovani e belli”.

La morale di oggi è: sta in campana e risparmia un po’ di fiato, che quando meno te l’aspetti e pensi di essere arrivata, ti tocca fare un giro in più…

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