martedì 17 settembre 2013

Una fine glorisoa sarebbe stata arrancare fino al traguardo, dopo essere stata ferita di striscio da qualche cacciatore che,  poteva benissimo avermi scambiato per una fagiana.
Arrivare mezza storta, piegata sul fianco, con una gamba impallinata. Niente di serio. Giusto un po' di rosso per impressionare i presenti.

Una fine dignitosa sarebbe stata arrivare con i crampi o le vesciche, in una domenica torrida dove avrebbe sudato pure un Keniano. Con i piedi martoriati ed i polpacci imbizzarriti.

Una fine sfortunata sarebbe stata arrivare dopo 3 ore, per aver sbagliato strada e per questo aver aspettato quasi 20 minuti al passaggio a livello chiuso. Disperando di trovare ancora un traguardo da passare.

Una fine accettabile sarebbe stata arrivare mostrando una disgnitosa sofferenza, mantenendo una velocità modesta, ma con un gesto atletico guardabile, senza ciabattare, senza mugugnare e dando l'impressione di avere comunque il controllo delle proprie leve.

Ma se la partenza è sparata, la compagnia un po' allegra, il percorso non troppo stimolante, se d'estate hai bighellonato e se al massimo hai fatto 13 km ma non ti ricordi nemmeno quando...allora la fine è inevitabile.

Al dodicesimo chilometro buio totale e, dall'allegro-andante-con brio, si passa all'imprecante-lento-con vena di tristezza.

Con mestizia annuncio un tempone di 1 h 57' 28'' alla mezza maratona di Portorecanati.
In mia difesa aggiungo solo che, nell'anno in cui ero in assoluto più impreparata, hanno decioso di allungarla un pelo...giusto quello che serviva per farne una mezza precisa.
Quest'anno quei soliti 700 metri in meno mi sarebbero stati di vero conforto.

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