martedì 28 giugno 2011

Caccia alla rana 2011...tutto bene a parte un piccolo dettaglio...

Tutto perfetto a Barchi sabato sera.

Giornata luminosa, calda ma ventosa, prima di partire c’era uscita anche una giornata al mare e un microriposino prima di prendere l’autostrada.

Con la preiscrizione mandata per fax abbiamo evitato la coda e la solita polemica con un giudice un po’ noioso, un precisino logorroico che infesta le gare del circuito “CorrerexCorrere” della UISP.

La forma è quella che è in questo periodo: scarsa come gli allenamenti, ma le sensazioni sono abbastanza buone, è pure rientrato un fastidioso dolore al collo del piede che era esploso senza apparente motivo (accidenti alle scarpe allacciate fino all’ultimo buco…).

Pregara a bere caffè, guardare le gare dei bambini che si affannano incitati dai genitori.

I più piccoli quando corrono si protendono in avanti più che possono, allungano il collo, non respirano, un giro da cinquecento metri magari lo fanno in apnea, camminano quando scoppiano ma rimettendosi a correre se qualcuno li sta sorpassando, fosse anche una bella bambina bionda che ha la metà dei loro anni.

Gli adulti di solito una bella bambina bionda la lasciano passare e si fanno portare al traguardo, poi magari si tolgono la soddisfazione di dare un’accelerata negli ultimi cinque metri per scalare una posizione in classifica.

I bambini, quando poi vengono premiati sul palco, tengono la coppa in alto sulla testa, come i più navigati e consumati piloti di MotoGP.

Noi adulti, invece partiamo alle 21:15 e ci sono due scuole di pensiero: quelli che partono a tutta perché ci sono due chilometri di discesa e sperano che il botto, al ritorno in salita, non sia troppo grosso e quelli che partono cauti perché poi c’è la salita e da tanta soddisfazione sorpassare quelli scoppiati.

Io lascio fare alle gambe: vi va di andare in discesa?? Fate pure.

Poi c’è la salita. Rallentate? Va bene così.

La fatica è tanta per tornare all’arrivo però è bello correre con di fianco un tramonto infuocato sopra le colline, un tramonto che dura lo spazio di un chilometro, per il chilometro finale invece mi aspetta solo il buio, circondata dalle lucciole e con il respiro in affanno che diventa un rumore assordante nel silenzio della campagna.

1h 04’..e arrivo anche io, due minuti sopra il mio record sul percorso…ma non è tanto questo che mi ha lasciato l’amaro in bocca, non è questo che è andato storto.

C'è stato un unico grosso disguido alla Caccia alla rana...la birra era calda!!! Dopo quasi 12 chilometri di sudore, mi merito una birra gelata, talmente fredda da far venire il mal di testa!!

martedì 21 giugno 2011

Da rifugio a rifugio 2011

Dopo tre anni di pioggia, vento, nebbia e freddo siderale, quest’anno, finalmente a Forca di Presta s’è visto il sole. Non che non fosse freddo e che, come al solito, il prato intorno al rifugio di partenza non fosse spazzato da un vento molto forte, ma almeno quest’anno ho visto, correndo, la piana di Castelluccio a strapiombo sotto i miei piedi.

Grazie al sole ho finalmente capito, dopo due anni, che i rifugi attraverso cui si passa sono solo due, mentre, vista la totale mancanza di visibilità delle edizioni precedenti, ero convinta che fossero tre. Quest’anno passando davanti a quello che credevo il terzo rifugio ho avuto l’illuminazione: che esistano due rifugi uguali sul Vettore, con gli stessi volontari a distribuire the, biscotti e spicchi di arance, con le stesse macchine della protezione civile…è praticamente impossibile, sta vedere che è lo stesso….

Eppure le premesse non erano buone. Prelevato Danilo (MiticoJane) al casello di Ancona sud, dopo un’ora e mezza di strada, ci stavano infilando in una densa e grossa nuvola nera incastrata sulle cime dei Sibillini.

Intorno al rifugio c’è un bel formicolare di cappelli con la piuma che montano le loro tende, di atleti variopinti che con le braccia conserte cercano di scaldarsi e di sbrogliare la fila per il ritiro dei pettorali.

Poi finalmente si parte e ad occhio mi sembra che siamo più dell’anno scorso, il vento fortissimo ha spazzato il cielo, il sole illumina una lunga fila di piccoli uomini che corrono in fila indiana sul sentiero che percorre il profilo della montagna.

La prima parte del sentiero è quella che patisco di più, perché siamo tutti ammassati e bisogna stare attenti a tutto: al sentiero stretto, in leggera pendenza, alle buche nascoste dall’erba, a non guardare di lato perché lo strapiombo sotto è ipnotico e, soffrendo vagamente di vertigini, per me è attraente come una calamita.

Finisce finalmente questo pezzo, posso tirare su la testa e godere del panorama, corro come posso, quando la salita è troppo dura cammino, sono ottimisticamente proiettata a limare, anche se di pochissimo, il tempo degli anni passati.

Poi arriva la crisi, quando non te lo aspetti, quando è rimasto da fare il pezzo più largo, meno impegnativo: gli ultimi due chilometri, quelli lungo una specie di ciclabile di montagna, quelli in cui incroci i passeggiatori che ti dicono che manca poco, quelli in cui, per colpa del sole che c’è quest’anno lo vedi quel maledetto rifugio in cui devi arrivare che sembra che si allontani, quelli in cui ti sorpassano tutti, anche quelle tre donne che ti sembrava di aver sorpassato una volta per tutte.

Tempo finale come l’anno scorso, 2h 11’ e un po’, ma con un arrivo sofferto che non mi aspettavo.

Ma ho trovato il modo di dimenticare tutto: con vino bianco aspro, rosso amabile, salsiccia di cinghiale al peperoncino, pane con sale e olio di Spelonca, gentilmente offerti dagli alpini di un qualche posto in provincia di Ascoli Piceno.

Ho trovato conforto nel riso alla Panissa degli alpini di Vercelli e in un bicchiere di barbera d’Asti.

Ma soprattutto nel sorriso paonazzo dell’alpino che pochi metri dopo l’arrivo, distribuiva the caldo e che tutti gli anni che arrivo è sempre lì e mi fa: “Eccola è arrivata finalmente!” neanche avessi fatto tutte le 38 edizioni di questa bella corsa…

N.B. la foto l'ho rubata dall'albun fotografico del Mitico che ringrazio per la compagnia.


venerdì 17 giugno 2011

Da rifugio a rifugio


E speriamo che quest'anno ci sia il sole.
Alpino metti su l'acqua per la pasta, che dopo la corsa ho un certo appetito...

martedì 14 giugno 2011

Ermetismo


E’ il giorno della vecchiaia.

E’ il giorno dei soliti 10.

E’ il giorno dell’inatteso 51.

Sarà stato un tentativo di fermare il tempo.

O sarà la fretta di andare al baracchino delle birre in riva al mare…

Se non si capisce niente non c'è niente di strano...

giovedì 9 giugno 2011

Prelevo Giovanni sotto casa sua, mi faccio offrire il caffè, parto di gran carriera chiudendo le portiere della macchina, per impedirgli la fuga, perchè se si rimette a piovere magari prova a darsela a gambe.

Imbarco il terzo passeggero, come al solito, all'imbocco dell'autostrada e ce ne andiamo a Castelraimondo: nona Stracassero, un dodici chilometri ondulato, economico, ben organizzato e molto partecipato.

Alla partenza combatto con una strana nausea alla bocca dello stomaco: devono essere tutte quelle arachidi salatissime con cui ho accompagnato la birra.

Tante brevi salite sotto un sole inaspettato: sono orgogliosamente brillante nell'arrampicata....un piacevole effetto delle salite dei trail delle ultime settimane.
Per contro in discesa sono praticamente ferma e in pianura devo impegnarmi per spronare le gambe....uno spiacevole effetto dei trail delle ultime settimane.

Più sudo e più penso che, se il tempo non si guasta, un bagno al mare bisogna farlo.
Nel frattempo, negli ultimi tre, forse quattro chilometri, ingaggio una lotta per l'accaparramento di uno degli ultimi posti disponibili per ottenere un premio di categoria.
Bleffo e ostento noncuranza, ma con la coda dell'occhio tengo a bada l'avversaria e sull'ultima salitella mi prendo un po' di metri di vantaggio da difendere fino all'arrivo.

.....poi torno a casa: ho difeso la posizione, portato a casa il mio misero piazzamento...in tempo per l'acquazzone del secolo.
Bella giornata...peccato che non sia stato assolutamente possibile andare a fare quel famoso tuffo.

mercoledì 1 giugno 2011

Trail Colle San Marco...in poche parole

Arrivo tardi ma arrivo, in tutti i sensi.

Quindi iniziamo dalla fine, quando mancavano poco meno di 4 km all'arrivo, forse i più duri, quelli con l'arrampicata finale su un sentiero che era quasi una scalinata di rocce, con l'apparizione della Madonna a circa metà, sotto forma di statuetta votiva attorniata da ceri rossi e altre statuette non meglio identificate, che potevano essere anche i sette nani con Biancaneve, tanto ero "fatta di fatica" per riconoscerli.
Fin lì s'era trattato di correre in leggera salita sotto un fitto bosco di querce, poi un bel tratto su un sentiero panoramico, un altro tratto in salita, ma corto, infine una bella e lunga discesa lungo un ghiaione.

La discesa me l'ero inaspettatamente goduta: nessuna delle mie solite paure, i piedi saltellavano a destra e sinistra, le scarpe mi davano una gran sicurezza.
Poi di nuovo nel bosco, ma senza nessun dubbio su quale fosse la strada da seguire.

Poi, all'improvviso, sugli unici metri di strada larga, in pianura, senza una buca o una radice, senza rami da scansare o tronchi di traverso, ecco che il mondo mi si capovolge, la terra va per aria e mi vedo rotolare appoggiata su un gomito e una spalla.
Metto le mani avanti per evitare di rimetterci, come mio solito, i denti e mi ritrovo seduta in terra, ferma per qualche minuto a cercare di capire se mi sono fatta male e come ho fatto a cadere e....non lo capisco!!

Tutto sembra a posto, mi rimetto in sesto e impanata come una cotoletta mi rimetto in movimento, scarpinando per questi ultimi quattro chilometri e arrivando sul prato che precede l'arrivo in un tripudio di grigliate da guinnes....

Da rifare....magari senza cadere!